L’amore ai tempi dei voucher

Stamattina ho passeggiato facendo il mio solito slalom, divertita, curiosa e attenta, tra i diversi personaggi che popolano il centro della mia città la domenica mattina quando c’è bel tempo.
Mamme vestite da festa con bambini in tinta, fidanzati che fanno la seconda colazione insieme, signore in libera uscita, coppie anziane innamorate un giorno su sette.
Tutti felici.
Chi esce la domenica mattina quando c’è il sole e passeggia per la città è felice, altrimenti non sarebbe lì.
Tra le chiacchiere che ascoltavo, una mi ha divertito molto.
Una ragazza dice ad un ragazzo, mentre camminano veloci distinguendosi un po’ dagli altri: “Nooo, mica è un contratto che si rinnova… quello è un voucher e (lì sono morta dal ridere) i voucher sono bastardissimi!”.
I voucher bastardissimi è troppo simpatico.
Allora, andiamo per ordine: il contratto a tempo indeterminato non veniva nemmeno nominato.
Al suo posto, sul podio, c’era il “contratto che viene rinnovato” (ovviamente a tempo determinato) e, in alternativa malefica, il VOUCHER.
Il bastardissimo voucher.
La ragazza ha, poi, aggiunto: “Quello, giorno dopo giorno, non sai se arriva!”.
Ecco, a parte la simpatia, questo è il vissuto di cui dovremmo accorgerci, noi adulti, che hanno i giovani del lavoro.
Il posto fisso è un fossile, reperto archeologico di cui la maggior parte dei ragazzi ignora l’esistenza, anche letteraria.
Il contratto a tempo determinato, che si può o no rinnovare, la norma.
Il livello di precarietà che viene sentito e che mette agitazione, è quello giornaliero, non più mensile, o annuale.
Sotto quel livello, rimane solo l’attesa del proprio destino ora dopo ora, alla “Miglio verde” per intenderci.
Che ripercussioni può avere sulle nostre anime, questo pensiero relativo al lavoro?
Nei nativi digitali, che potremmo definire anche nativi precari, cosa comporterà questo rapporto temporale sugli altri ambiti della vita?
L’amore dura ancora per sempre, almeno nei pensieri e nelle fantasie dei giovani o è, al massimo, a tempo determinato?
L’amicizia appare ancora a prova di vita o dipende dalla carica del cellulare?
Dopo la scuola, c’è il futuro o la continuazione della vita che, giorno dopo giorno, i genitori pagano?
Io sarò vecchia quando queste persone saranno gli adulti che, secondo la tradizione, dovrebbero sostenere i figli e i genitori anziani.
Ma anche questo è un pensiero antico.
Forse la nostra aspettativa di vita passerà dagli attuali ottantuno/ottantaquattro anni alla mattina del giorno dopo, forse saremo in centinaia a contenderci i pochi uomini e le poche donne rimasti in forza.
Forse, la tecnologia ci avrà regalato modalità di autonomia oggi ancora sconosciute.
Forse, sopravvivranno i ricchi, forse chi saprà costruire buone relazioni.
Di sicuro, io sarò lì ancora ad ascoltare ancora questa straordinaria specie umana, che nel corso dei secoli è riuscita, sempre, contrariamente ad ogni previsione, a stupire qualsiasi aspettativa, nel bene e nel male.
E’ il fattore sorpresa che potremmo rivalutare: al tempo del posto fisso, gli amori sembravano eterni e invece erano solo da tenere nel segreto della propria casa.
Oggi, ai tempi dei voucher, possiamo sperare che l’amore lo si possa inventare ogni giorno e che, ogni giorno, senza dare niente per scontato, ce lo si debba guadagnare.
Bastardo sì, ma molto, molto responsabilizzante.

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