rovereto
Foto di Betty Lazzarotto

L’altro

Mi concedo di parlare ancora di me, di sé, del dentro di noi.
La condizione soggettiva, come si sta, come ci si sente, è molto più importante di quel che si crede e, sicuramente, del “Tutto a posto?” che oggi si usa per chiedere come va l’altro.
“Ciao, tutto a posto?”.
E cosa vuoi rispondere?
“No, ci sono pezzi rotti di cui non trovo il ricambio”.
Oppure: “Ho scombinato il puzzle e non trovo più un tassello”.
O, ancora: “Mi è caduto a terra il barattolo e si sé sparso tutto intorno”.
O, anche: “Sto cercando di riordinare, ma non so da dove partire”.

Quando è “tutto a posto”?
Mai, salvo brevi istanti in cui fotografi una sensazione, che non ha niente a che fare con lo stato delle cose, ma con te stesso.
Non a caso, esiste il “come stai?”.
Come sei tu, cosa ti succede dentro, cosa provi. La differenza è questa.
Non un inventario delle cose che hai o che ti succedono, ma una ricognizione dell’interno.
“Come stai?”.
“Boh”.
“Forse bene”.
“Triste”.
“Cerco di avere speranze”.
“Gasato”.
“Stanco”.

Al di là dei termini, sarebbe così bello fossimo realmente interessati all’altro.
Ma non solo all’amico o a chi frequentiamo (anche se quante volte non lo chiediamo nemmeno a chi vediamo tutti i giorni al lavoro?).
Dico realmente interessati proprio all’altro, a chi incrociamo per strada.
Partire da come si sta, se succede di interagire, non da cosa capita.
Basta osservare e ascoltare.
La faccia.
La voce.
Le mani.
Lo sguardo.
Allora, l’altro è evidente che sia arrabbiato, infastidito, intenerito, impaurito, sollevato e così via.
Siamo un incrocio di stati d’animo, non di fatti.
Come vanno i fatti dipende da come stiamo, non dalle leggi oggettive alle quali ci appelliamo.
I princìpi servono in sede di giudizio, ma nelle relazioni vale la serie infinita di significati che diamo alle cose.

Sembra semplice.
Non lo è.
La maggior parte delle volte siamo sordi o ciechi o programmati a vedere e sentire quello che vogliamo.
Siamo pieni di noi, anziché vuoti e disponibili.

“Come stai?”.
“Boh”.
“Ho un po’ di cose da portare in discarica, qualcos’altro da aggiustare, sono occupata”.
“Ti serve una mano?”.
“Boh, magari sì”.

Aiutare a svuotare, a liberarsi, anziché accumulare roba addosso, gli uni sugli altri.
Forse, poi, non è tutto a posto, ma va meglio.
O no?

Condividi:
FacebookTwitterGoogle+

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *