La memoria e il cuore

Non scrivo qui da più di un mese.
In questo mese è morto mio papà e non c’è nulla di più personale che dare questa notizia, che scrivere di questo in questo blog.
Eppure, lo devo fare, altrimenti non continuo.
Tutto ciò che era prima, ora non è più.
Tutto il mondo di prima è un altro mondo, oggi.
Tutta la vita, è un’altra vita.
Questo scritto lo dedico a chi ha già vissuto questo dolore, ma anche a chi lo non lo conosce ancora, perché è uno scritto che dedico alla vita e alla morte, insieme.
Le due cose non sono divisibili, ora lo so, anche se una delle due rimane sempre in ombra, perlomeno nella nostra cultura.
Io, alla morte dei miei genitori, ho pensato cento, mille, un milione di volte, ma ciò in cui il mio pensiero si traduceva immediatamente, impedendomi di sentire altro, era la paura.
E, incredibilmente, la paura, quando è successo per davvero, è stata l’unica cosa che non ho provato.
Ho sentito il senso crudo di realtà che in poche occasioni capita di vivere, ho vissuto lo scorrere preciso di pensieri e di azioni che capitano quando è necessario fare fronte ad un evento più grande di noi.
Ho provato la sequenza forte di momenti unici e importanti che rimarranno impressi per sempre nella mia memoria e nella memoria di chi li ha condivisi con me.
È vero che conta non essere soli, ma non solo nel senso di avere persone che ti esprimono vicinanza, soprattutto nel senso di provare quella cosa lì insieme ad altri che provano proprio quella cosa lì.
È un unico dolore che viene diviso in più parti e ce la fai se lo condividi perché diventa più leggero, diventa possibile da vivere.
Poi, a riflettori spenti, quando ognuno torna a casa, ciò che ti cade addosso è un macigno che non riesci ad evitare.
Arrivano onde anomale di dolore che ti sommergono senza preavviso. In un momento sei serena, mangi, guardi la televisione e nel momento dopo sei morta anche tu, seppellita da una mancanza e da un vuoto che non si possono descrivere.
Mio papà, come tutti i papà, è nel mio sangue, nella mia pelle, nei miei muscoli, nei miei occhi, nel mio cuore.
Mio papà, come tutti i papà belli e buoni, è anche nella mia anima, come uno specchio nel quale mi rifletto.
Mio papà è nella mia storia, le mie azioni sono state condizionate dalle sue, prima nella dipendenza da lui, poi nella libertà che ho conquistato lottando contro di lui ed, infine, nella straordinaria possibilità di occuparmi di lui con tenerezza.
Ciò che, oggi, posso dire di non avere perso è la sensazione di amore che ha riempito gli ultimi  anni della nostra vita insieme.
Sempre, l’ho amato, ma durante la sua vecchiaia, questo amore è esploso, senza più fatiche.
“Sei come la mia mamma” una sera di un anno fa mi ha detto e io non solo lo ricorderò per sempre,  so di essere anche diventata quella frase lì.
Io sono anche ciò che sono stata con lui e questo non muore.
Tutti coloro che credono, me compresa, mi consolano con parole che invitano a pensarlo felice e spiritualmente vivo.
Ciò che accade, ora, però, è qualcosa di più umano, di più terreno, ovvero il senso della morte che sta insieme al desiderio di vivere ancora.
Di rinascere, di ritornare alla vita leggera, quella delle mattine di vento al mare, dei pranzi di festa con il buon cibo, dei viaggi intensi a visitare il mondo, del riposo dopo il lavoro, della luce del lago in primavera.
Ora, ciò che riempie le mie giornate è la convivenza tra il disperato bisogno di sentire ancora la sua voce e la necessità fisica di proseguire senza tristezza, nonostante la sua voce non ci sia più.
Non è la teoria, ciò che sento oggi, è la pratica intensa delle ore che continuano in cui, a poco a poco, la vita ritorna in primo piano, dopo giorni in cui era diventata un film sullo sfondo.

Non so cosa è più giusto fare in questi incredibili momenti, ma di sicuro so cosa sta facendo bene a me e ciò che mi sta facendo bene è il darmi la possibilità di esprimermi, trovando in libertà tutte le possibilità che riesco a trovare.
Come voglio, con chi voglio e quando voglio.
Non so se mio papà mi ha insegnato questo, forse l’ho imparato io.
Lui mi ha chiamata in questo mondo e mi ha lasciato ciò che è stato.
Io posso proseguire nel mio cammino, che è stato anche il suo e che è quello del mondo.

Le ultime parole che gli ho sussurrato prima di vederlo sparire per sempre sono state “arrivederci papà”.
La morte, adesso, mi fa meno paura di prima, perché l’ho conosciuta.

Grazie papà, da un fifone come eri a una fifona come sono io, questo è un regalo meraviglioso.

Condividi:
FacebookTwitterGoogle+

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *