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Sogni, memoria e coronavirus

Sono giorni che penso di scrivere.
In questo tempo sospeso, nuovo e di paura la scrittura è a mia disposizione, ma non sono riuscita a farlo subito.
Non è facile fermarsi, frenare, cambiare ritmo. Se sei una persona che si muove velocemente e fa molte cose continui ad essere così anche da reclusa.
Ho riempito le giornate di frenetiche faccende domestiche, di lunghe telefonate, di parole, di messaggi, di notizie, di smart working, di ricerca di nuove attività e, alla sera, mi sono ritrovata stanca più di qualsiasi altro giorno di prima.
È difficile fermarsi, frenare, cambiare ritmo.
Succede anche in vacanza, figuriamoci ora, in cui la stretta d’ansia s’affaccia in ogni istante.
In questa ricerca obbligata di adattamento c’è un momento, però, che è rimasto uguale a prima e in cui sto bene e questo momento è la notte.
Mi sdraio, abbraccio lenzuola, coperte e cuscino come una volta facevo con gli esseri umani e aderisco attentamente a tutto fino a che il corpo si distende.
E quando finalmente mi addormento, sogno.
Spesso sono sogni molto belli, sogni nel mondo, sogni con le persone, sogni liberi, talmente positivi che stamattina ho pensato che bisogna sognare tanto anche ad occhi aperti, anche di giorno.
Bisogna coltivare la propria immaginazione positiva, bisogna coltivare pensieri buoni.
Voglio sognare il momento in cui andrò a fare di nuovo colazione nella mia pasticceria preferita, in cui andrò dal parrucchiere, in cui pranzerò al ristorante con le amiche, in cui passeggerò nella natura incontrando gente, in cui farò vacanze al mare, in cui viaggerò con leggerezza e, naturalmente, in cui abbraccerò, bacerò, accarezzerò.
Per fare questo è importante darsi del tempo, fermo, di incanto.
Si può leggere, si può scrivere, si può anche guardare nel vuoto, ma occorre fermarsi.
Aprire un varco, uno spazio.
Può essere un foglio, può essere guardare dalla finestra, può essere sdraiarsi ad occhi chiusi, ma bisogna svuotare, liberare.
Poi, In questo esercizio, può capitare una cosa strana: può succedere di immaginare e di desiderare anche cose che, nella normalità, non ci piacciono.
Ad un certo punto mi sono ritrovata tra i pensieri anche: “sogno di ritrovarmi in coda in auto la mattina”, “sogno di lavorare tanto come prima”, “sogno di rivedere tutti, compresi quelli che mi stanno antipatici”, come dire “pur di tornare a prima, va bene tutto”.
No, non deve essere così, quando ne usciremo dovremo essere cambiati, dovrà cambiare in meglio la nostra vita, non dovremo tornare come prima.
Questa è una occasione che non si può buttare, è troppo faticosa per non servire a nulla.
Io non voglio che tutto torni come prima, voglio tornare alle possibilità di prima, ma diversa, nuova, migliore.
E per fare questo, oltre ai sogni, occorre un’altra operazione mentale che è preziosa e indispensabile e questa operazione è la memoria.
Ricordare ciò che ora sta accadendo, dopo.
Non dimenticare le cose che stiamo dicendo, le cose che stiamo desiderando, le cose che stiamo facendo e che non abbiamo mai fatto.
Non dimenticarci di come siamo stati, di ciò che abbiamo intuito, capito, sentito.
Per aiutare a fare ciò si può scrivere, tenere un diario, fare fotografie, disegni, video. Bisogna tenere traccia.
Dopo, ci servirà per mantenere vivo tutto ciò che ora siamo.
Dopo, in un tempo in cui la vita che riprende ci obbligherà a ritornare in un flusso normale, ci servirà a ricordare.
Perché tutto ciò che ci sta succedendo non sia inutile.
Perché questo è un seme e dobbiamo immaginarci il fiore.

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4 pensieri riguardo “Sogni, memoria e coronavirus”

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